L’Iran ha il diritto di difendersi

Ai sensi dell’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, ogni nazione
detiene il “diritto intrinseco di autodifesa individuale o collettiva” di
fronte a un attacco armato. Questo principio giuridico fondamentale riafferma
il diritto dell’Iran di proteggere la propria sovranità e il proprio popolo in
risposta ai recenti atti di aggressione sia da parte di Israele che degli
Stati Uniti. L’attacco non provocato di Israele contro l’Iran il 13 giugno
2025 e il successivo attacco statunitense del 21 giugno sono stati entrambi
condotti senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite. Pertanto, tali atti rappresentano una flagrante violazione
dell’Articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, che proibisce
rigorosamente la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale
o l’indipendenza politica di qualsiasi stato, salvo autorizzazione del
Consiglio di Sicurezza o in caso di autodifesa.

In netto contrasto con l’aggressione mostrata da Israele, l’Iran ha dimostrato
un impegno costante per la pace e la stabilità. Una nazione con una civiltà
millenaria, l’Iran non ha avviato guerre contro altri paesi da oltre due
secoli. Rimane firmatario del Trattato sulla non proliferazione delle armi
nucleari (NPT), mantiene una cooperazione attiva con l’Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica (AIEA) e rispetta il diritto internazionale. Tuttavia,
l’Iran si trova sotto continua pressione militare ed economica da parte di uno
stato canaglia che rappresenta una minaccia reale per la pace e la sicurezza
globale: Israele.

La sfida di Israele al diritto internazionale

Il record di aggressioni di Israele in Medio Oriente è ampio e ben
documentato. Ha bombardato territori sovrani in Libano, Siria e Yemen senza
giustificazioni legali o autorizzazioni delle Nazioni Unite. Queste azioni
hanno destabilizzato intere regioni, innescato crisi umanitarie e contribuito
direttamente all’erosione delle norme internazionali. Inoltre, la lunga
occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, le sue sistematiche
violazioni del diritto umanitario internazionale e il suo rifiuto di
conformarsi alle risoluzioni delle Nazioni Unite lo identificano chiaramente
come l’aggressore, non la vittima, in Medio Oriente.

Nonostante le ripetute condanne internazionali, Israele continua a ignorare le
risoluzioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite. Ha sfidato gli ordini della Corte Internazionale di
Giustizia (ICJ) del gennaio 2024 di cessare l’espansione illegale degli
insediamenti, consentire l’accesso agli aiuti umanitari a Gaza e smantellare
gli insediamenti in Cisgiordania. Invece di conformarsi, Israele ha
intensificato la sua campagna di brutalità, imponendo assedi totali su Gaza
sia nel 2023 che nel 2025. Questi assedi hanno causato carestie di massa—un
crimine di guerra secondo il diritto umanitario internazionale—e attacchi
mirati contro civili, inclusi giornalisti, ospedali ed edifici residenziali.

Una delle rivelazioni più gravi recenti è l’uso delle armi contro gli aiuti
umanitari. La cosiddetta “Gaza Humanitarian Foundation” creata da Israele è
stata smascherata come una trappola per attirare civili disperati nei punti di
distribuzione solo per essere abbattuti—una tattica che viola le Convenzioni
di Ginevra e equivale a crimini contro l’umanità. Uno studio recente di
Harvard stima che 377.000 persone su 2,2 milioni di abitanti di Gaza siano ora
disperse e debbano essere presunte morte. Questi non sono numeri
collaterali—sono il risultato di una campagna sostenuta e deliberata di
sterminio.

Il comportamento di Israele nel dominio nucleare solleva anche gravi
preoccupazioni. È uno dei pochi paesi al mondo che rifiuta di firmare e
ratificare l’NPT, evitando così le ispezioni dell’AIEA. Ha costruito un
arsenale nucleare clandestino rubando uranio altamente arricchito dagli Stati
Uniti nel famigerato affare NUMEC. Inoltre, rifiutandosi di dichiarare le sue
capacità nucleari, Israele elude la responsabilità ai sensi della legge
statunitense, in particolare l’Emendamento Symington, che vieta gli aiuti
militari ai paesi che sviluppano armi nucleari al di fuori del quadro
dell’NPT. Queste violazioni deliberate delle norme internazionali e delle
leggi nazionali sono state tollerate—anzi, facilitate—da successive
amministrazioni statunitensi.

Nel loro zelo di soffocare i progressi scientifici e tecnologici pacifici
dell’Iran, sia gli Stati Uniti che Israele sono ricorsi ad attaccare le
strutture nucleari iraniane, che sono sotto la piena supervisione dell’AIEA.
Questi atti sconsiderati rischiano il rilascio di materiali radioattivi,
minacciano vite civili e mettono in pericolo l’ecologia della regione—eppure
vengono falsamente presentati come misure “difensive” o “preventive”.

Conclusione: Israele come la più grande minaccia alla pace

È sempre più evidente che Israele opera come uno stato canaglia—al di sopra
della legge, al di fuori della responsabilità internazionale e indifferente
alla sofferenza umana. È diventata la più grave minaccia alla pace, alla
sicurezza e alla stabilità non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo.
Mina sistematicamente l’ordine internazionale, viola palesemente i diritti
umani e continua a perseguire un’agenda militaristica ed espansionistica con
impunità.

La comunità internazionale non può più restare a guardare. Ai sensi della
Convenzione sul genocidio e del quadro della “Responsabilità di proteggere”
(R2P), esiste un obbligo morale e legale di agire in difesa del popolo
palestinese. Il mondo deve urgentemente muoversi per imporre sanzioni
economiche e diplomatiche complete su Israele, applicare un rigoroso embargo
sulle armi e considerare un intervento militare ai sensi della Risoluzione
377 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (“Uniti per la pace”), che
consente un’azione collettiva quando il Consiglio di Sicurezza non riesce ad
agire.

Il tempo delle ambiguità è finito. Il mondo deve ritenere Israele
responsabile. Il diritto dell’Iran di difendersi non è solo legale—è
imperativo di fronte a un’aggressione sostenuta. La pace e la giustizia
globale richiedono che il comportamento canaglia di Israele venga affrontato e
fermato attraverso un’azione internazionale decisiva.